Giovani studenti cinesi all’estero: un’opportunità ed una conquista.

China Students

18 Maggio 2018. La storia che vi racconto oggi comincia nel 1979:

l’allora presidente americano, Jimmy Carter, incontrò Deng Xiaoping a Washington per parlare di come ripristinare le normali relazioni diplomatiche tra i loro due paesi, che erano stati congelati dall’acquisizione della Cina da parte dei comunisti 30 anni prima. Carter sollevando preoccupazione per i diritti umani chiese alla Cina di togliere il divieto nei confronti delle persone che richiedevano di andare all’estero.

Si narra che Deng scherzando gli rispose: “Quanti cittadini cinesi vuoi? Dieci milioni? Venti milioni? Trenta milioni? ”
Deng sapeva che avrebbe potuto giocare sulle paure americane di un maremoto di immigrati cinesi.

Era pronto ad aprire le porte della Cina, ma solo un pò alla volta, il Partito comunista aveva ancora paura di lasciare che la sua gente vedesse la prosperità dell’Occidente e il successo della democrazia, come ideale da conquistare per sé stessi.

La Cina oggi

Nel 2017 la Cina ha registrato 130 milioni di uscite, entro la fine del decennio il numero dovrebbe superare i 200 milioni. Circa 600.000 cinesi studiano all’estero, per lo più nelle università occidentali, un numero di quattro volte superiore rispetto a dieci anni fa.
Questo enorme movimento di persone è stato un vantaggio per il resto del mondo: dai produttori di beni di lusso che sarebbero persi senza i viaggiatori cinesi (la loro spesa annuale totale all’estero è doppia rispetto a quella degli americani), ai giganti della Silicon Valley che non avrebbero avuto successo senza il talento cinese, spesso istruiti nelle università occidentali.

A proposito di quelle università, c’è da chiedersi: dove sarebbero molte di loro senza le tasse degli studenti cinesi? Come farebbero le loro ricerche scientifiche senza gli studenti di dottorato cinesi che sono così numerosi nei loro laboratori?

Le preoccupazioni dei funzionari cinesi nel consentire alle persone di andare all’estero sono in gran parte svanite eppure in Occidente lo stereotipo di ansie che Deng lanciò a Carter sono oggi estremamente diffuse. I migranti sono spesso accusati di aver rubato posti di lavoro e di aver fatto salire i prezzi delle case. Il direttore dell’FBI, Christopher Wray, ha recentemente scioccato i cinesi-americani riferendosi a una “minaccia per la società intera” posta dalla Cina nel suo paese, che richiede una “risposta da parte di tutta la società”; alcune delle sue preoccupazioni potrebbero anche considerarsi giustificate e da verificare, ma un linguaggio del genere, così vago, che fa leva sulle paure, non lo è affatto.

Questo genere di paure a tinte razziali non è nuovo nella storia, anche recente, negli anni ’80 era il Giappone a spaventare gli americani: le società giapponesi acquistavano beni  da New York a Los Angeles, le macchine giapponesi erano dappertutto (spingendo Henry Ford ad avvertire di un “Pearl Harbor economico”).
Una parte del linguaggio di quel periodo, prima che l’economia del Giappone crollasse negli anni ’90, viene ripresa oggi nelle descrizioni del nuovo gigante economico dell’Asia, la Cina.

Le ansie anti-cinesi nel resto del mondo ed in Italia.

Il comportamento sinora descritto non è esclusivamente americano, negli ultimi mesi infatti un nuovo libro in Australia ad esempio ha alimentato il dibattito sugli sforzi occulti del governo cinese per esercitare un’influenza nel governo australiano, in parte manipolando i membri della grande e crescente diaspora cinese.

Già il titolo denota uno stato d’animo febbrile: “Silent Invasion: China’s Influence in Australia”. A marzo alcuni dei più noti studiosi della Cina presenti in Australia hanno scritto una lettera aperta in cui accusavano il loro governo di reagire in modo eccessivo alle ansie introducendo una nuova legislazione per contrastare le interferenze straniere. L’Australia, si legge, stava “assistendo alla creazione di una narrativa di stampo razziale nei confronti di una vasta cospirazione cinese ufficiale”. Trovate il dibattito aperto nel contributo video.

Uno studio condotto nel 2009 da accademici delle Università di Hull e Leeds e della Nottingham Trent University ha scoperto che i cinesi in Gran Bretagna sono stati esposti a “livelli più elevati di razzismo” rispetto a molti altri gruppi minoritari.

Nel 2016 migliaia di cinesi sono scesi in piazza a Parigi dopo una serie di attacchi violenti nei confronti di appartenenti alla loro etnia.

In Italia, a Prato molte campagne elettorali sono state basate sul tema del respingimento di un’ “invasione cinese”, riferite in particolare ai migranti (molti dei quali illegali) che lavoravano nelle fabbriche di abbigliamento, ma la questione coinvolgeva tutti.

La Cina, coerentemente con il numero di presenze, risulta il terzo Paese di origine degli studenti non comunitari nel nostro Paese:
infatti, sono circa 50 mila gli alunni di origine cinese iscritti all’anno scolastico 2016/2017 pari al 7,8% della popolazione scolastica non comunitaria nel suo complesso.

Facendo riferimento all’istruzione universitaria, nell’anno accademico 2016/2017 gli studenti di nazionalità straniera risultano 77 mila: oltre il 77% sono cittadini non comunitari, mentre gli studenti di altri Stati Membri risultano 17 mila.
Il numero degli studenti universitari non comunitari è aumentato del 13% nel corso degli ultimi anni, passando da 53 mila nell’anno accademico 2012/2013 agli oltre 60 mila dell’anno 2016/2017.

La riflessione su questi numeri spinge a domandarsi in modo più ampio, oltre alle complesse dinamiche di integrazione, sull’esempio che possiamo dare ai giovani cinesi: i laureati torneranno in gran numero in patria e se la loro esperienza in Occidente è stata spiacevole, difficilmente saranno in grado di sostenere i valori liberali nel proprio paese, quei valori di cui tutti abbiamo bisogno per vivere in una società migliore.


Riferimenti:

Marzo 2018, Business Insider: FBI director calls China out on one of the biggest threats to the US.

2017 ISTAT: Rapporto Annuale sulla presenza dei migranti. La comunità cinese in Italia.

2016 Reuters: Thousands rally in Paris to protest crime targeting Chinese.

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